Enrico Rocca ha lasciato un diario, interrotto nel novembre 1943, dove racconta e sottopone a severo giudizio morale e politico gli "anni bui" della persecuzione razziale e della guerra.
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Egli però ne allarga spesso il limite temporale, innestando nell'attualità la propria esperienza giovanile di guerra, rivissuta come generoso ed esaltante atto d'amore patrio, che il fascismo ha svuotato e vilipeso. Crea così un dinamico gioco di relazioni tra presente e passato che conferisce alla narrazione respiro storico, tensione espressiva e spessore filosofico.