Il 16 ottobre 1998, su mandato del giudice spagnolo Baltasar Garzon, il dittatore cileno Augusto Pinochet viene arrestato a Londra con l'accusa di genocidio, terrorismo e tortura. La notizia coglie Sepulveda su un'autostrada italiana, provocando in lui stupore e speranza.
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Negli articoli che in quei giorni comincia a scrivere per giornali e riviste di vari paesi - e che qui vengono raccolti in volume a trent'anni dal golpe cileno - lo scrittore racconta le fasi successive della vicenda e le sue reazioni, e insieme ripercorre, con sovversiva lucidità, l'ininterrotta "storia dell'infamia", dagli anni del pinochetismo fino alla "democrazia vigilata". Di fronte alle amnesie di chi si appella all'unità nazionale per impedire il processo al tiranno e all'omertà elevata a ragion di stato da una parte della società cilena. Sepulveda pratica strenuamente il "sacro ufficio della memoria", tanto più necessario se, come è poi accaduto, le vicende giudiziarie hanno tradito le speranze suscitate quel 16 ottobre 1998. Lo fa parlandoci della sua gente, delle sue utopie derise, dei suoi compagni, attraverso una scrittura a caldo, appassionata e militante, decisa a resistere alla follia delle ragioni che negano la giustizia e alle menzogne delle parole che servono il potere. Alle cinque del pomeriggio ora britannica in cui gli agenti di Scotland Yard hanno arrestato il generale Pinochet si è posto fine a una sensazione di impunità e il governo cileno ha avuto l'opportunità di chiudere una situazione vergognosa. Così comincia la storia del "paziente inglese", delle sue menzogne, della sua vigliaccheria, dei suoi sanguinosi crimini, di quelle forze armate cilene che lo hanno sostenuto. Sepúlveda racconta ciò che ha provato, visto, vissuto da quell'11 settembre 1973 fino a oggi. Racconta delle battaglie, degli amici perduti, della sofferenza dell'esilio...