Italo Calvino aveva sempre confessato la sua ammirazione per l’Ariosto, ammirazione fondata su una profonda analogia nel concepire ed esprimere la creatività fantastica come inesauribile possibilità di interpretare e reinterpretare, sotto angoli visuali sempre nuovi, il già conosciuto, il già definito.
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Da una simile sintonia è scaturito questo racconto calviniano della storia di Orlando che diventa matto furioso: opera sull'opera, ma anche testo autonomo; operazione culturale, ma anche narrazione vera. Calvino ha ricondotto la vastità del materiale ariostesco a una ventina di nuclei narrativi, consentendo così di orientarsi con maggiore facilità nel labirinto di paladini, saraceni, donzelle, spade, elmi e cavalli fatati, senza perdere il senso della complessità dell’intreccio originale.