Nelle lettere di due protagonisti della storiografia moderna e contemporanea, Cantimori e Manacorda, sono discusse molte vicende dell'organizzazione culturale del Partito comunista italiano e dei suoi rapporti con gli intellettuali negli anni Cinquanta Sessanta: le riviste "Movimento operaio", "Società" e "Studi storici", l'Istituto Gramsci, la commissione culturale.
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Al centro del denso carteggio è principalmente il rapporto fra la politica e la cultura: il ragionare dei due studiosi verteva sulla convinzione che la ricerca dovesse essere, come sosteneva Gramsci, tanto più "interessata" quanto più "impegnata", e sull'interrogativo se fosse possibile svolgere in maniera indipendente la propria attività pur aderendo a un partito. Su questo le loro posizioni divergeranno, dopo l'invasione sovietica dell'Ungheria, Cantimori uscirà dal PCI, mentre Manacorda, convinto che fosse possibile condurre la ricerca e dirigere riviste autonomamente, rimarrà iscritto. Dalle lettere e dal confronto con altre fonti private e del PCI emergono significative novità in merito ad alcuni passaggi di quegli anni, soprattutto, la complessità degli eventi e la drammaticità con la quale venivano vissute scelte personali o decisioni imposte: una complessità che conferma quanto sia necessario studiare il Novecento superando le barriere ideologiche della guerra fredda.
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