Tutto inizia dall' Anno 46 dopo Cristo, nella fertile provincia della Gallia Narbonense, l'attuale Francia meridionale. Tutto inizia da un omicidio senza senso, senza movente, commesso con ferocia raccapricciante.
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Si è forse al cospetto di un sacrifìcio umano che rinvia ad antichissimi riti druidici? Oppure le modalità "barbare"dell'assassinio nascondono finalità tutt'altro che irrazionali? Il senatore Publio Aurelio Stazio, ricevuto l'incarico di investigare sul delitto e accompagnato al di là delle Alpi da un riluttante Castore, non tarda ad accorgersi che quel fatto di sangue, apparentemente immotivato, costituisce il primo tassello di un mosaico criminale ben più complesso, sfuggente e pericoloso. In cima alla lista dei possibili colpevoli si ritrovano così i notabili dei clan celtici della provincia narbonense, neramente contrari alla concessione della cittadinanza romana alle colonie della Gallia. Si tratta dunque di una serie di reati a sfondo indipendentista; una sorta di protesta violenta contro la colonizzazione operata da "Roma ladrona"? L'ipotesi non può essere esclusa, tanto più che i patrioti celtici in Gallia sembrano più numerosi delle edicole votive nell'Urbe. Eppure, alle cellule grigie del senatore Stazio qualcosa non torna. Una serie di indizi lo induce presto ad accantonare le sue prevenzioni nei riguardi degli "indigeni" e ad orientare l'indagine verso un contesto che prima aveva scartato quasi apriori: quello dei residenti romani...