Ma questo, solo guardando la nuda trama. Nella sua realtà questa storia, al contrario dei romanzi criminali dell’epoca classica, non è accompagnata da nessun cattivo umore.
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Tutto, com’è tipico dei romanzi di Carlo Flamigni, si stempera in un andamento comico brillante, un divertimento pieno di battute, di situazioni surreali e popolaresche, di personaggi del tutto favolosi ma che le circostanze ambientali rendono veri e vari come la vita. Per i lettori che già conoscono la saga di Primo Casadei, è qui, in questo primo romanzo della serie, la genesi di quel gruppo di inverosimili investigatori: il vecchio Proverbio che parla solo per modi di dire, la cinese Maria che ha imparato, anziché l’italiano, il romagnolo, le due gemelle, il gigantesco Pavolone, e gli altri che hanno animato le successive avventure, è qui che sono nati e hanno visto segnato il proprio destino e scolpito il loro carattere. Ed è già presente in questo Giallo uovo, il vero intento comunicativo dell’autore, scienziato e medico insigne, nonché figlio della sua terra: contrastare con l’umorismo e la favola l’opaco pregiudizio che fa della morale una gabbia dolorosa anziché la regola per essere felici insieme; rendere omaggio a una lingua e, dunque a una civiltà regionale, il romagnolo, «ruvida, essenziale, destinata a scomparire».