L'Orso di Berlino e l'Oscar hanno definitivamente consacrato alla fama internazionale un regista ancora poco conosciuto in Italia: il sovrano indiscusso dell'animazione giapponese Hayao Miyazaki.
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Nato all'epoca della seconda guerra mondiale, Miyazaki è un esempio illuminante di quel complesso, spesso tragico rapporto con le radici che il Giappone ha conosciuto sotto il nome di modernizzazione. Ritenuta responsabile della mentalità espansionistica ed aggressiva che ha favorito la guerra, la cultura tradizionale giapponese venne infatti messa all'indice dai vincitori, dando origine a un fenomeno di occidentalizzazione coatta che sta alla radice delle problematiche del Giappone moderno. Legato per estrazione familiare a una classe sociale compromessa con la guerra, per scelta ideologica a un marxismo egualitario e pacifista, per formazione culturale a una tradizione letteraria di stampo anglosassone, a livello inconscio ai fantasmi della antica tradizione popolare, Miyazaki esprime esemplarmente nella sua arte questo straordinario intreccio di contraddizioni. Innamorato dell'Italia e dell'Europa, il regista giapponese ha spesso ambientato in occidente le sue favole: un occidente immaginario quanto l'oriente sognato da tanti artisti occidentali. Un esotismo a rovescio che ancora di più ci spiazza e affascina, imponendoci uno specchio magico dove riconosciamo con stupita meraviglia immagini familiari, mescolate a mille altre forme brulicanti di un unico, immenso, misterioso inconscio collettivo.