La spinta dell'intolleranza, che induce a condannare la diversità religiosa e a ritenere dovuta l'azione repressiva condotta dalle autorità, è un elemento distintivo della mentalità diffusa in una società robustamente confessionale, come fu quella parmense nei primi secoli dell'antico regime.
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Diverse sono le istituzioni che parteciparono alle iniziative di contenimento della devianza spirituale; tuttavia, è ai delegati periferici del Santo Ufficio che rimase addossata in forma quasi esclusiva l'attribuzione simbolica della funzione inquisitoriale. Ragionando attorno a questa constatazione, e mentre si confronta con un oggetto storiografico pressoché intonso nella sua dimensione locale, Il posto di Caifa si propone di rispondere a qualche primo interrogativo, per esempio a proposito delle biografie intellettuali dei frati domenicani che furono incaricati di presiedere la corte giudiziaria parmense, dei luoghi divenuti teatro della loro attività, degli individui e dei reati fatti oggetto delle loro attenzioni, dei vincoli e degli appoggi, infine, sperimentati dagli emissari del Sacro Tribunale nella loro più o meno quotidiana interazione con le voci del potere della curia vescovile e dell'amministrazione farnesiana.
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