Il romanzo di Silvana Cellucci invita fin dalle prime battute ad una lettura “attiva”, a considerare senza timori le nostre presupposizioni, i nostri pregiudizi di destinatari dell’opera, a metterli costantemente al vaglio critico e ad adattarli a contatto degli elementi della narrazione.
[...] All’inizio di quello che potremmo chiamare “itinerario di formazione”, essi vorrebbero assicurarsi la certezza di verità globali (il bene, la perfezione, Dio, la giustizia, il libero arbitrio); poi, pian piano, la fondatezza di tali principi è messa in discussione; in alcuni momenti essa è addirittura rovesciata nel serrato e contraddittorio confronto tra natura e spirito; solo alla fine sembra recuperata la dimensione di una storia dove Dio è presente e dove ciascun individuo è chiamato attraverso le sue capacità critiche a conciliare l’autodeterminazione e la coerenza con le esigenze sentimentali più intime e personali.