Nei turbinosi anni a cavallo fra i '60 e i '70, si trova raramente nella scuola una sensibilità attenta alle differenze culturali, ai dislivelli di partenza, alla deprivazione socio-culturale, allo svantaggio.
I casi di disagio, di gap culturale, di sottorendimento, venivano codificati come "disadattamento" e, spesso, relegati in classi differenziali.
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Don Milani e Bruno Ciari furono tra i pochi che denunciarono la condizione di sradicamento che, per i figli di contadini, operai, artigiani, spesso provenienti dal sud, comportava l'immissione in una scuola ancora vincolata a modelli aulici. Gli scritti con cui Ciari (su 'Riforma della scuola' e 'Cooperazione Educativa' e in convegni del M.C.E.) denunciava con forza tale situazione di ingiustizia, furono raccolti, dopo la sua prematura scomparsa, da Alberto Alberti nel libro 'La grande disadattata', che, fin dal titolo, enuncia un ribaltamento di punto di vista, gettando sulla scuola una luce inquietante in quanto fonte di disadattamento essa stessa per molti ragazzi.
Le soluzioni che Ciari propose, l'intervento precoce con l'istituzione di asili nido e scuole dell'infanzia di alto livello didattico e pedagogico, il tempo pieno per compensare svantaggi e consentire l'esercizio della socialità, le tecniche Freinet, un saldo apprendistato scientifico, una continuità e una unitarietà fra i diversi gradi di scuola, hanno fatto la storia della scuola italiana di questi decenni.
Ripubblichiamo questo lavoro oggi, mossi dalla preoccupazione che la scuola si trasformi nuovamente in fonte di privilegio per pochi e di emarginazione per molti, e con la speranza che possa costituire elemento di riflessione per una progettualità educativa come patrimonio della scuola di tutti/e: per una scuola del "non uno di meno".
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