Partendo dal concetto di homo religiosus sviluppato da Mircea Eliade, Julien Ries ha elaborato un campo d’indagine completamente nuovo: l’antropologia religiosa. Il punto di vista antropologico è quello che consente lo studio delle origini delle religioni, e di ciò che l’uomo creò e visse, sul piano religioso, ancora prima della loro nascita.
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Questo volume adotta lo stesso metodo per osservare la nascita delle grandi religioni. Il lavoro muove dalla preistoria, e specificamente dal medio Paleolitico (280.000-40.000 a. C.), descrivendo l’esplosione del sentimento del sacro, del culto dei morti e delle enormi grotte dipinte utilizzate per i riti. Da qui, attorno al 10.000 a. C., apparvero i primi uomini sedentari, che seppellivano i morti nelle proprie case, e cominciarono a credere in divinità. Poi il grande periodo Neolitico, caratterizzato dall’agricoltura, dalle incisioni rupestri all’aperto, dai santuari megalitici e dal fiorire delle grandi religioni di Mesopotamia, Egitto e India. Dopo questi fondamentali eventi, lo sviluppo delle grandi religioni tutt’ora conosciute: l’Ebraismo, seguito da Cristianesimo e Islam, tutte quante sorte in area mediterranea. In Oriente, e in particolare in India, ci furono i Veda (II millennio a. C.), seguiti dalla comparsa del Buddhismo (500 a. C.), sorto in India e presto dilagato nell’estremo Oriente asiatico. Nel frattempo, in Cina sorse – partendo da tutt’altra radice (la tradizione Neolitica Cinese) – il Taoismo (500 a. C.), che più tardi entrò in relazione con Confucianesimo e Buddhismo.