Dal trionfo delle burocrazie alla crisi d'antico regime
Dopo l'esperienza demiurgica di Vittorio Amedeo II, che con gli editti del 1717 aveva delineato gli apparati amministrativi dello Stato al centro e alla periferia, fu soprattutto Carlo Emanuele III, con la collaborazione del Bogino, a realizzare un modello di «stato ben amministrato».
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La costruzione si rivelò solida e non priva di aperture riformatrici, in grado di resistere al ritorno di un «partito di corte» legato a Vittorio Amedeo III. Il tempo di quest'ultimo sovrano è quello di una notevole espansione culturale, che si esprime nelle società letterarie e nell'Accademia delle Scienze, ma anche quello del drammatico confronto con la Rivoluzione francese e con le tensioni che la fine dell'Antico regime provoca anche negli spazi sabaudi.
L'accurato e minuzioso lavoro di ricostruzione della storia del Settecento piemontese compiuto da Giuseppe Ricuperati ripercorre le scelte di uomini politici come Francesco Vincenzo d'Ormea, Giambattista Bogino, Pietro Giuseppe Graneri, Prospero Balbo e Gian Francesco Galeani Napione, in parte esponenti della «nobiltà di servizio» provenienti dalle magistrature.
Frutto di molti anni di ricerca, "Lo Stato sabaudo nel Settecento" si fonda su una vasta documentazione d'archivio e su una ricca bibliografia. È quindi ormai, sul terreno storiografico e metodologico, un punto di riferimento inevitabile per gli studiosi del periodo.
Giuseppe Ricuperati, professore ordinario di Storia moderna presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Torino, tra le sue opere ricordiamo: "L'esperienza civile e religiosa di Pietro Giannone" (1970) e "L'Italia del Settecento. Crisi, trasformazioni, Lumi" (1987) con D. Carpanetto e "La città terrena di Pietro Giannone" (2001). Con L. Guerci ha curato, infine, l'edizione del volume "Il coraggio della ragione. Franco Venturi intellettuale, storico e cosmopolita" (1998).