Epica, lirica, epigrammatica, satirica, elegiaca, tragica, comica, filosofica, la poesia dell'antica Grecia dispiega il ventaglio di tutte le sue possibilità e risorse espressive.
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Gli eroi e gli dèi di Omero e di Esiodo; i canti di guerra di Tirteo e l'irriverenza dissacratrice di Archiloco; gli amori e le passioni di Mimnermo e di Saffo; la convivialità di Alceo, Anacreonte e Asclepiade e la perizia di Stesicoro, Ibico e Callimaco; l'espressionismo di Ipponatte e la potenza di Simonide; i versi corali di Bacchilide, quelli arditi e sublimi di Pindaro e quelli filosofici di Pitagora, Empedocle e Parmenide, di Platone e di Aristotele; i personaggi tragici di Eschilo, Sofocle ed Euripide e quelli comici di Aristofane; i versi bucolici di Teocrito e di Mosco e quelli figurati di Simia e Dosiada; gli epigrammi sepolcrali di Leonida e di Crinagora, quelli amorosi di Meleagro, quelli erotico-conviviali di Marco Argentario e quelli efebici di Stratone; la raffinatezza di Anite, Proclo e di Paolo Silenziario. Renato Serra diceva che "abbiamo onorato nei greci la parte migliore di noi stessi", fissandoli in una nuova neoclassicità; ma quello che oggi ci affascina di più della Grecia, ciò che ne fa una provincia del nostro mondo morale, è il paradosso della sua "imperfezione", la sua sostanza enigmatica, quella che Dino Campana meglio di altri sembra aver colto nel sorriso arcaico ed eleusino della Chimera.