La credenza nel miracolo della temporanea resurrezione dei bambini morti senza battesimo (il "répit"), che attraversò i secoli dal tardo Medioevo fino alle soglie dell'età contemporanea, era molto diffusa in alcuni paesi d'Europa.
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I fedeli intraprendevano un viaggio, spesso lungo e difficoltoso, verso i santuari del ritorno alla vita; poi l'esposizione, le preghiere e l'attesa fiduciosa di un "segno di vita", quindi il battesimo e la salvezza eterna, la morte definitiva e la sepoltura in terra consacrata. In Italia, a quanto si sapeva, questa manifestazione di religiosità e di pietà popolare interessò solamente alcuni tratti della regione alpina. Di conseguenza è poco nota per quanto concerne i domini della Repubblica veneta e non erano finora emerse tracce della sua presenza nelle città di pianura e nella fascia prealpina. La scoperta di una serie di eventi ha indotto l'autore a intraprendere una ricerca sulla diffusione di questo miracolo nella diocesi di Vicenza, una presenza mai finora indagata, assente nella storiografia locale. Per questa particolarissima grazia in terra vicentina si portavano i neonati morti senza battesimo nei santuari del Trentino e con questa prerogativa funzionò per alcuni decenni del Settecento un piccolo santuario del ritorno alla vita ad Arzignano. Si tratta del piccolo santuario della Beata Vergine, detto della Madonnetta dei Frati o semplicemente della Madonnetta, oratorio tuttora esistente e situato lungo il perimetro che chiudeva l'ex monastero di Santa Maria delle Grazie di Arzignano.