Nelle scuole si aggira un ospite inopportuno e imbarazzante:il dolore mentale. Dare voce a questo malessere è in un certo senso un atto rivoluzionario, perché la nostra civiltà del piacere non sa più contattare il dolore, ma solo rimuoverlo e nasconderlo o, viceversa, ostentarlo.
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Cercare di indagarlo diviene allora un atto naturale, per far capire a genitori e docenti che se quei bambini creano problemi non è perché sono delle piccole pesti, ma perché un tarlo li rode, e quel tarlo è, quasi sempre, una forma di dolore mentale. Distillando centinaia di incontri, lo psicologo scolastico ci racconta la famiglia post-modema sul palcoscenico privilegiato della scuola: bambini e adulti soli, incerti, ma anche diffidenti verso l'esperto, poco inclini a comunicare ad altri le proprie difficoltà, chiusi nel loro privato.