Una luce lancinante, bianca e mediterranea, insegue Michelangelo Merisi da Caravaggio da Malta a Siracusa. Caravaggio l'evaso, il clandestino, il genio senza patria, il pittore condannato a una diaspora senza fine, all'erranza che lo rende più moderno di ogni moderno. Quello di Pino Di Silvestro è un esordio memorabile.
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"La fuga, la sosta" è un romanzo che il lettore non dimenticherà facilmente. Letteratissima, barocca, vertiginosa - la lingua di questo nuovo scrittore vibra di meravigliosa perizia e di estro argomentativo, caratteristiche che egli eredita da Leonardo Sciascia, maestro di sottigliezza e di stile, e dalla lettura di Vincenzo Consolo. "Querele, arresti, denunzie, vilipendi, fughe in altre terre. Condanne, remissioni: tutto in un mese, quello di settembre dell'anno milleseicentotre": durante il suo viaggio in mare e poi nella pausa ristoratrice della città siciliana, il grande artista non smette di ripensare ai suoi anni romani, ai capolavori realizzati e a quelli semplicemente sognati. Il furore contro i lerci pinturicchi del tempo, i plagiari, gli imitatori si stempera nella dolcezza e nello strazio del ricordo degli amici perduti e delle ragazze amate, delle prostitute e dei loro bambinelli bastardi che egli seppe trasformare in immagini sacre. E' ormai un Caravaggio stanco, devastato, in preda ad accensioni di "sfinimento estatico" e di "allucinato stordimento". Come, molti secoli dopo, capitò a Pasolini, anche il pittore lombardo immaginò se stesso decomporsi sotto la luce di quel mare. E tuttavia, nel documentatissimo romanzo di Pino Di Silvestro, Caravaggio non abdica mai al suo sguardo eretico sulle cose del mondo. Un mondo di nature morte. Di bellezze umili e screziate. Tutto è colore, tutto è vita e nostalgia della vita. Uomini e pesci, cielo e terra, acqua e polvere. Dolorosa bellezza di un sentimento che trasfigura gli oggetti e al tempo stesso li rispetta. Il Caravaggio di Di Silvestro non dimentica la cruciale meditazione critica di Roberto Longhi. L'avventura non offende la teoria, non la tradisce. La prosa di questo sorprendente scrittore - così lirica e al tempo stesso asciutta e precisa e mai estenuata - ci mostra l'anima e la toponomastica di una città antica e perduta, ricca di umori e di storie, scenario perfetto della "sosta" (come se si trattasse di una via crucis) di un artista dal sentimento radicale e diverso, consapevole della propria grandezza e anche del proprio tragico destino. La sua santa Lucia, il dipinto cupo e misterioso che egli lascerà a Siracusa come stigma e ferita del suo passaggio, è un dono e insieme un saluto al mondo e alla vita. Don Fabrizio Colonna, che comanda la flotta dell'isola di Malta, ha organizzato la fuga di Caravaggio dalla prigione dove è stato rinchiuso dopo un "caldo" periodo romano costellato di feroci contese artistiche e duelli sanguinosi, che gli erano valsi la condanna a morte. Dopo giorni di viaggio Caravaggio sbarca febbricitante a Siracusa e, ospite di un convento di frati Cappuccini, rivive in sogno l'orrore della peste dilagata a Milano ai tempi del cardinale Carlo Borromeo, in cui la sua famiglia rimase sconvolta.