Georges Lapassade, in questo suo ultimo lavoro, pone un nuovo problema in ciò che concerne la fenomenologia scritturale del raccontare e del raccontarsi, dal momento che un conto è la reificazione di oggetti gnoseologia, altro è la rappresentazione di sé medesimi, messi a nudo davanti a occhi non si sa fino a che punto maliziosi o disincantati.
[...]
È attraverso il presente che Lapassade ci racconta il passato, ma lo racconta a se stesso, per capirci qualcosa di quel che è stato, di come è stato, di cosa gli è capitato. Per prendere coscienza di sé e degli altri. Una sorta di autoanalisi scrittoria che cerca di assemblare i frammenti mnemonici di tutta una vita, una sorta dì recupero analitico che i suoi venticinque anni di analisi non gli hanno concesso.