Stefano Bessoni riprende uno dei personaggi più amati della sua infanzia per personalizzarne le gesta con uno stile narrativo agile e fiorito e le sue riconoscibilissime immagini macabre e divertenti. Il suo sguardo è quello di un naturalista dall'animo vittoriano, diviso tra la passione per gli insetti, l'anatomia umana, gli scheletri, gli spettri, la fotografia.
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Lungi dal seguire fedelmente le arcinote vicende narrate da Collodi, l'autore mette in scena il burattino e lo stralunato circo di personaggi che gli ruota attorno dotandoli di tutto ciò che la fantasia lo ha portato a immaginare al di là del testo scritto. Il Pinocchio di Bessoni si nutre delle suggestioni del famoso sceneggiato di Luigi Comencini e delle illustrazioni di Enrico Mazzanti e Carlo Chiostri e le contamina con influenze shelleyane e lombrosiane. Nato probabilmente da una grossa radice di mandragola cresciuta ai piedi di una forca, Pinocchio è una creatura bizzarra che reca le stigmate anatomiche del "delinquente nato" di Cesare Lombroso e la perturbante diversità del Frankenstein di Mary Shelley. Si unisce così a quella vasta schiera di esseri creati sovvertendo le regole naturali, infelici per vocazione e freak a ogni costo. Una reinterpretazione di un grande classico che, andando al di là dell'ambito della narrativa per bambini, rivendica il proprio status di opera letteraria gotica o romantica, nel solco di Hoffman e Poe.