Kapuscinski ha vissuto per vari anni in Africa; giuntovi per la prima volta nel 1957 nei successivi quarant'anni ha approfittato di ogni occasione per tornarvi, girandola in lungo e in largo. Viaggiatore curioso e acuto, egli si cala nel continente africano e se ne lascia sommergere, rifuggendo tappe obbligate, stereotipi e luoghi comuni.
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Abita nelle case dei sobborghi più poveri, brulicanti di scarafaggi e schiacciate dal caldo, si ammala di tubercolosi e si fa curare negli ambulatori locali; rischia la morte per mano di un guerrigliero; ha paura e si dispera. Ma non rinuncia mai allo sguardo lucido e penetrante del reporter, all'affabulazione del narratore: che parlino di Amin Dada o della tragedia del Ruanda, di una giornata in un villaggio o della città di Lalibela, tassello dopo tassello le pagine di "Ebola" compongono il mosaico di un mondo carico di un'inquieta e violenta elettricità.