Nell'anno di Expo l'idea di una vita secondo natura affascina sempre di più l'uomo moderno. Dal suo rifugio montano, lontano dai clamori della manifestazione milanese dove tutti si muovono e fanno polvere rimestando nel gran calderone della Green Economy, l'autore tenta una via più autentica e meno immediata alla sostenibilità.
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Il suo percorso parte dall'esperienza di contadino in felice decrescita per elaborare il manifesto del buon selvaggio. Nel suo podere, un frutteto che ricorda il Giardino dell'Eden fa da cornice a campi di cereali e legumi. Sulla tavola porta un'alimentazione scarna, integrale e frugale a prevenzione delle malattie del benessere. Tra le sue priorità il senso di appartenenza ai luoghi e alla comunità, e tempo per annoiarsi. Il buon selvaggio non rifiuta la tecnologia ma accetta la sfida di un suo uso equilibrato, non lancia dogmi come macigni ma si pone domande e sperimenta uno stile di vita sempre aperto al confronto. Si districa tra gli inganni del vivere quotidiano elaborando una personalissima via alla felicità. A fare da sfondo, l'estremo rifugio di sempre: la montagna - quelle Alpi segrete dove il buon selvaggio dei tempi moderni potrà rintracciare la solitudine terapeutica che in un continente sovrappopolato è un bene assai raro.