Venezia è nel 1499 una grande potenza europea. Solo dieci anni dopo – sconfitta militarmente e politicamente dalla Lega di Cambrai – è una sopravvissuta. Con quell’inizio Cinquecento si sgretola il suo dominio e inizia una decadenza dorata che durerà ben tre secoli: uno stato tanto ricco e potente poteva deteriorarsi solo con una magnificente lentezza.
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La Serenissima repubblica sostituirà allora la forza con l’ostentazione, la potenza con la ricchezza, il ferro con l’oro. Sarà il suo modo per recuperare il formidabile colpo inferto da tutti i grandi stati d’Europa – esclusa la sola Inghilterra – coalizzati contro di lei e il conseguente rischio di scomparire per sempre dalla carta geografica. Venezia non sarà più potente, ma splendente, e riuscirà a mantenere un proprio ruolo centrale utilizzando l’arte, l’architettura, le celebrazioni delle ricorrenze civili e religiose. Non potrà più intimorire con il clangore delle armi, ma riuscirà a meravigliare con il tintinnare delle monete. E che monete: a metà Cinquecento il ducato comincia a essere chiamato zecchino e il suo prestigio sarà tale che ancora oggi definiamo zecchino l’oro puro. La Venezia del Cinquecento è quella del mito arrivato fino a noi: la città dei palazzi di Sansovino, della celebrazione del governo perfetto e della giustizia equanime, della rivoluzione del colore che influenzerà tutta la pittura successiva. Nel magnifico decennio raccontato in queste pagine avvincenti, Venezia diventa l’ombelico del mondo: Giorgione dipinge la Tempesta, esordisce Tiziano, muore Gentile Bellini, si devia il fiume Brenta, si inaugurano monumenti (primo tra tutti la torre dell’Orologio); brucia il fondaco dei Tedeschi e in tre anni (tre anni!) viene ricostruito; Aldo Manuzio pubblica il primo libro tascabile della storia e Ottaviano Petrucci il primo libro musicale a caratteri mobili (entrambi nel 1501); i portoghesi circumnavigano l’Africa e rompono il monopolio veneziano nel commercio delle spezie; nel Maggior consiglio i patrizi votano utilizzando un’urna chiusa – la prima che si conosca – e quando vogliono farsi eleggere si accordano nel broglio; si ha per la prima volta notizia di un’asta di opere d’arte; risiedono a Venezia il pittore Albrecht Dürer e il filosofo Erasmo mentre il matematico Luca Pacioli pubblica il libro che riproduce i solidi leonardeschi. Alessandro Marzo Magno ricostruisce lo stupefacente susseguirsi di eventi che hanno portato la Dominante – così veniva chiamata la città di Venezia – a essere la fucina delle arti che conosciamo e amiamo.